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LO ZIO IVAN

Ho sempre pensato che lo Zio Ivan conservasse nelle  tasche la mappa dei viottoli che ci possono condurre fuori da questo mondo. Di certo  tenendo tra le mani una Settimana Enigmistica, egli da questo  mondo scompariva.  Mi è capitato in diverse  occasioni  di incrociarlo nei luoghi più strani mentre compilava, rigorosamente a matita (proprio come fa Giampaolo Dossena), parole crociate senza schema, un Bartezzaghi, dei rebus astrusi. Tutte le volte ho avuto l’impressione che avesse abbandonato la zavorra del suo corpo fisico in questi luoghi improbabili (in cantina, in garage, in piedi vicino al pollaio) mentre il suo spirito si librava altrove. Un giorno lo Zio Ivan scomparve davvero: per circa due ore, dopo una visita a sua madre.  Si presume che abbia vagato nel traffico senza rendersene conto. Dico si presume, perché lo ritrovarono  davanti a casa con l’auto un po’ ammaccata e non seppe spiegare dove fosse stato o cosa fosse accaduto una volta uscito dall’appartamento di sua madre. Di certo non poteva essersi smarrito, poiché lo zio Ivan possedeva una conoscenza della città inusitata: sembrava avere impresso nella memoria tutta la piantina di Udine. Questa sua capacità era nota a tutti. In famiglia per risolvere eventuali dubbi sulla posizione di una via o di una piazza udinese, non si perdeva tempo: “Chiedilo a Ivan” si diceva (a nessuno sarebbe saltato in mente di aprire orrori tipografici come Tutto città). “Via Orologio?” “Via Alessandro Orologio – precisava – è alla fine di Via D’Artegna”. A volte mi piaceva metterlo alla prova e sfogliando uno stradario gli chiedevo: “Via Eustachio Celebrino?” “La quarta laterale a destra di Via Paolo di Brazzà”, rispondeva senza battere ciglio. “Zio, e via Lussemburgo ?” “Dunque, via Niccolò di Lussemburgo si trova a San Rocco, è una laterale di via Marquardo”. Lo zio Ivan mi prendeva per mano guidandomi attraverso vicoli, viuzze, ma soprattutto attraverso i suoni dei loro nomi e quei nomi si travasavano nella mia mente in forme, colori, odori, in occasioni per uscire dal tempo. La toponomastisca con lui diventava U-topia. Mi ricordo ancora di quando mi parlò per la prima volta di Borgo Grazzano, di come snocciolò una lista lunghissima di nomi: Vicolo del Cucco, Vicolo Pangrasso, Vicolo Chiuso, Vicolo dello Schioppettino, Vicolo Taschiutti, Vicolo del Paradiso (del Pa-ra-di-so), Vicolo Repetella … come se fossero gli ingredienti di una ricetta segreta. E di come quell’elenco di nomi iniziò ad animarsi di rumori, voci, ombre, figure: potevo vedere lo zio Ivan giochicchiare in braghe corte con suo fratello gemello Vassili sulle rive della roggia che scorreva ancora libera sotto il cielo del Borc dai Croz. Lo spiavo mentre correva  al suono dell’allarme aereo. Lo trovavo a  rovistare tra i calcinacci, mentre canticchiava vestito da Balilla … Mi aveva lasciato aperto il cancello del suo hortus  conclusus, lo spazio magico della sua infanzia. Di tanto in tanto, imboccando uno di questi vicoli lo zio Ivan mi fa  visita durante  i miei sogni …

copertura della roggia in Via Grazzano 1954

copertura della roggia in Via Grazzano 1954


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