Riemergo come Enzo Majorca dal mio soggiorno italo-friulano e come Majorca impreco davanti alla notizia della chiusura dell’osteria -con coloniali- Da Pozzo, una delle più vecchie di Udine, che sarà cancellata da un palazzaccio… Coloniali Da Pozzo, che nome! Negli ultimi vent’anni a conservare il fascino immutabile del locale ci hanno pensato quattro donne: tre sorelle e una cognata. Era una osteria-alimentari: l’unica della città. L’arredo – incluso il vecchio frigo – sembrava uscito da una canzone di Paolo Conte, risaliva agli anni venti. A volte mi piaceva pensare che anche i pacchi di pasta e le scatole di tonno che se ne stavano dietro il bancone risalissero a quell’epoca.
Nei primi anni ottanta questa splendida bettola divenne covo, ma va bene anche alcova, della mia-nostra-loro compagnia della forca punk-anarco-nazionalondefurlanista. La sala dietro all’ingresso a quei tempi ospitava spesso i destini tristi e allegri di una varia schiera di avvinazzati, compagnoni, ometti per bene e per male, giocatori di carte. I racconti spropositati e biascicatissimi dei primi si mescidavano con i sacramenti lanciati dopo una primiera mancata dagli ultimi. Così mi si rivelò il lato Hyde di un ex vicino di casa: un sarto gentiluomo con voce impostata, che, tra le onde del tressette – la notte, si tramutava in bestemmiatore olimpionico. Negli ultimi ann,i a singhiozzo, ho continuato a seppellire nel giardinetto retrostante ricordi, chiacchiericci e lunghe bevute. Un anno fa su questa osteria e sulla sua fine predestinata ne scrisse – bene – Toni CaP(u)ozzo. Amen. .
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APNEA
Published 17 gennaio, 2010 LUOGHI Leave a CommentTag:Capuozzo, da Pozzo, punk-anarco-nazionalondefurlanista, Udine
Metafisica dello Spriz
Published 30 Maggio, 2009 AMICI , LUOGHI , Refettorio , ROMANIA 2 CommentsTag:Andrei Plesu, Aperol, Balcania, Banato, Bucarest, Curtea Veche, Friulistan, Hanul lui Manuc, Mihai Bucarest, Mitteleuropa, Nordest, Riesling Jidvei, seltz, selz, sifon, spritz, spriz, Transilvania, Trieste, Udine, Valacchia
Io lo chiamo spriz con la zeta e senza ti. Nel mio Friulistan lo spriz conosce svariate declinazioni: dal tradizionale vino bianco paradossalmente corroborato con il selz, all’Aperol con limone e oliva, fino ai beveroni più improbabili composti da altrettanto improbabili miscugli di superalcolici stemperati in acqua frizzante. In un’Italia caratterizzata da talibanismo enogastronomico, lo spriz è bevanda poco amata dai gourmet che, infatti, la bollano come il frutto perverso di un ecumenismo che unisce – eresia maxima – il vino all’acqua. In realtà questo malizioso dosaggio di vino e acqua gasata rivela prospettive inattese. Il territorio tradizionale dello spriz combacia grosso modo con lo spazio asburgico. In Italia infatti la culla di questo abbeveraggio corrisponde grossomodo al Nord-Est. Anche le propaggini italiane presenti in Slovenia e Croazia confermano il suo lignaggio imperiale. In Romania invece questa ricostruzione geopolitica entra in impasse: nelle regioni asburgiche della Transilvania e del Banato, infatti, lo spriz rimane un emerito sconosciuto, per ricomparire come da una risorgiva carsica a Bucarest e nel resto della Valacchia, nella maledetta Balcania. Su questa curiosa circostanza aveva ragionato anni fa il filosofo Andrei Plesu in un articolo spiritoso che riconosceva nel consumo bucarestino dello spriz una sorta di anello di congiunzione tra il miraggio della civiltà mitteleuropea e lo spirito balcanico. Secondo Plesu lo spriz rappresenta il vero spirito della bisboccia, il diluente assoluto dello spleen da osteria. Nella sua triplice essenza – vino – acqua – aria- sonnecchierebbe una vera Weltanschauung della convivenza di identità eterogenee. Nel cicaleccio delle bollicine dello spriz, Plesu individuava un tentativo avventuroso di avvicinare il vino alla birra, di conferire alla sobrietà del primo il Witz della fermentazione dell’altra (e questo spiegherebbe la sua discendenza austro-ungarica). Secondo il filosofo romeno, postulato che tutti si beve per il gusto della piccola vertigine, lo spriz offrirebbe l’alterazione dalle prospettive indefinite, permetterebbe la corsa lunga, il record chilometrico, il differimento continuo. Plesu vede in questa poetica del rinvio un tratto tipico dello spirito mitteleuropeo. Io credo che il modo di vivere lo spriz sia totalmente diverso tra Bucarest e, ad esempio, Udine o Trieste. Nel Nord Est italico lo spriz è inteso come una sorta di aperitivo consumato a metà mattino o nel tardo pomeriggio, insomma una premessa a qualcosa, l’introduzione verso un’altra tappa del giorno o della notte. In Valacchia invece lo spriz non premette, sospende. Così almeno lo intesi anni fa sui balconi dello Hanul lui Manuc. Eravamo io e Mihai (oggi profugo in Lussemburgo). Ad iniziarci a questo rituale c’erano il pomeriggio infuocato di Bucarest, qualche secchiello ghiacciato con Riesling di Jidvei, l’immancabile sifon (= il selz) e la Curtea Veche. Di lì si naufragò oltre la notte alla caccia dei nostri fantasmi. Come dire: svanire è dunque la ventura delle venture…
UN’ALTRA FORMA DI ACCANIMENTO
Published 19 dicembre, 2008 DORMIENTI 4 CommentsTag:beppino englaro, eluana, eluana englaro, Martini, roccella, sacconi, tondo, Udine
Ognuno la può pensare come vuole sul caso Eluana Englaro. Da parte mia, anche se non comprendo come mai il papa ed i suoi accoliti, da sempre in trincea per la negazione della carne, insistano nel volere tutelare non un essere animato, ma un corpo – involucro biologico dipendente in tutto e per tutto da tubi e tubicini – rispetto chi esprime dubbi sul confine tra vita e morte o chi questi dubbi non se li pone perché, attraverso la ragione oppure la fede, li ha sciolti.
Quello che per me risulta davvero insopportabile in questa vicenda è invece l’accanimento cui è sottoposto Beppino Englaro, il padre di Eluana. E’ davvero disgustoso osservare rappresentanti del governo assumere improbabili provvedimenti nel tentativo di impedire a questo pover uomo non solo di portare a compimento la volontà della figlia, ma anche di attuare una sentenza definitiva scaturita dalla passaggio attraverso tutte le stazioni di una lunga via crucis giudiziaria. L’ultima vigliaccata l’ha partorita un paio di giorni fa il ministro Sacconi con il suo atto di indirizzo generale che vorrebbe vietare a qualsiasi struttura del Servizio sanitario pubblico, sia essa pubblica, convenzionata o privata abilitata, di interrompere idratazione e nutrizione ai pazienti che si trovano in stato vegetativo. Insomma un provvedimento ad personam, pensato, elaborato e, nelle speranze del ministro, da applicarsi contro Beppino Inglaro. Punto. Sacconi però, abile nel sincronizzare la propria carriera a quella della moglie (dal 2005 direttore generale di Farmindustria), sembra meno capace quando si tratta di coordinare le sue pensate alla realtà giuridica italiana. Tant‘è che dalla Corte di Cassazione si è subito fatto osservare come “l’atto di indirizzo emanato dal ministro del Welfare Sacconi è destinato solo alle strutture amministrative degli ospedali pubblici e privati e non può vanificare, in nessun modo, gli effetti di una sentenza esecutiva come quella con la quale la Corte d’appello di Milano ha autorizzato il distacco del sondino che alimenta Eluana Englaro“. Senza dimenticare poi che, come precisato dal Governatore del Friuli Venezia Giulia (dello stesso partito di Sacconi), la clinica “Città di Udine” dove dovrebbe essere trasferita Eluana opera in una una regione autonoma che risponde al sistema sanitario regionale e non nazionale. Davanti a queste obiezioni legali a Sacconi rimangono solo le minacce come ha raccontato il direttore della clinica disposta ad attuare la sentenza della Corte di Appello di Milano: ”Abbiamo ricevuto da un Ministro della Repubblica intimidazioni che hanno cercato di colpire l’azienda nel suo interesse vitale, arrivando a minacciare la sospensione dell’attività in accreditamento con il Servizio sanitario nazionale”. A Sacconi, Roccella (in gioventù autrice di un libro dal titolo memorabile – Aborto:facciamolo da noi) e ai vari chierichetti di Martini & Co non importa che un cittadino abbia voluto affidarsi alla Giustizia chiamata ad esprimersi su questioni sulle quali i paladini della pseudo-morale cattolica hanno sempre volutamente evitato di legiferare (vedi il testamento biologico), non accettano il gioco della democrazia che loro stessi si vantano di difendere. Da servi sanno solo riempirsi di rancore innanzi ad un uomo libero.